Presentata oggi pomeriggio nella sala convegni della Sicilibanca la Rivista di Studi Storici siciliani “Sicily in transition 1943-1947”. I relatori, tutti di eccezionale spessore, hanno firmato gli articoli che compaiono sulla rivista e che riguardano gli anni tra la fine della seconda guerra mondiale e il 1947. Nell'ordine hanno preso la parola Gero Di Francesco, condirettore della rivista, la storica e giornalista Fiorella Falci, i professori Filippo Falcone e Sonia Zaccaria, del comitato di redazione. Le conclusioni sono state affidate a Marcello Saija, docente universitario e condirettore della rivista. A moderare magistralmente l'incontro l'avvocato Sergio Iacona che ha sottolineato l'importanza di studiare e conoscere la storia. “Stiamo allevando una generazione – ha detto l'avvocato Iacona – di inconsapevoli e quando si è inconsapevoli il rischio è grosso. Nella rivista sono stati approfonditi fatti della nostra città che hanno sempre destato la mia curiosità come la tragedia di Xirbi del 19 marzo 1943. Gero Di Francesco – ha detto nell'introdurre il primo dei relatori – si è soffermato sulle condizioni di Caltanissetta in questo tragico periodo di passaggio successivo allo sbarco degli americani”. Il condirettore della rivista Gero Di Francesco ha ribadito il valore degli archivi e delle fonti per coloro che si occupano di studi storici approfondendo quella che è stata la centralità di Caltanissetta in quegli anni. “Ringrazio i colleghi dell'archivio di Stato e della biblioteca di Caltanissetta – ha detto Di Francesco – per avermi aiutato a ritrovare articoli preziosissimi. La biblioteca di Caltanissetta è una biblioteca storica e non si può abbandonare. L'archivio di Stato va valorizzato. Perché è attraverso la nostra storia che noi possiamo capire perché in determinati momenti sono accadute determinate cose. La storia ha subito una delegittimazione nei programmi ministeriali e questo non va bene. Dobbiamo riconsiderare l'importanza della storia”. A Caltanissetta, come ha sottolineato l'avvocato Iacona, in quel periodo arrivò una élite di pensatori di sinistra, come Elio Vittorini, e poi fu proprio a Caltanissetta che nacque la Democrazia Cristiana. Era una città vivace dal punto di vista politico. “A Villalba – racconta Fiorella Falci – ci fu un agguato durante un comizio di Girolamo Li Causi. E' stato un episodio che ha chiarito quali erano le forze in campo in quel periodo che abbiamo definito transition. Il '44 è stato l'anno uno della Sicilia liberata perché da luglio del '43 all'estate del '44 si avviano una serie di processi. E Villalba svolge un ruolo importante. E' una delle capitali del feudo e del feudo della mafia. Ma non perché fosse il paese di don Calò Vizzini. Li Causi, comunista che per più di 16 anni era stato imprigionato dai fascisti, va a Villalba a fare il suo primo comizio dopo aver incontrato, per tramite di Togliatti, l'ambasciatore sovietico. La mission era quella di disinnescare il movimento separatista. Li Causi viene scelto perché non era facile far passare quella linea ma era uno che sapeva parlare alla gente. L'altra mission di Li Causi era quello di smascherare il bluff del separatismo. Calogero Vizzini era un capo separatista, e partecipava alle riunioni del principe Tasca a Palermo, ed era anche un imprenditore industriale perché gestiva importanti miniere. Calogero Vizzini era collegato con il boss americano Vito Genovese e hanno in mano tutta la rete del contrabbando dei generi alimentari del Mediterraneo. Erano modernissimi esponenti di una mafia imprenditrice. Questi sono i mesi dell'estate del '44 dei gruppi mafiosi che si erano intestati la battaglia separatista anche per legittimarsi politicamente. In quella piazza comincia a sparare Beniamino Farina, sindaco di Villaba e segretario della Democrazia Cristiana. Sempre in quella piazza c'era anche la Chiesa. Don Calò aveva due fratelli sacerdoti. Fuori scena, e questa penso sia una pista da approfondire, agisce indirettamente, non sull'agguato, ma sul processo politico in corso, Salvatore Aldisio, appena nominato commissario in Sicilia con pieni poteri. Dopo pochi mesi diventa Ministro dell'Interno e la missione che gli affidano è quella di disinnescare il separatismo. Aldisio si trova un ostacolo: lo schieramento della mafia a favore del separatismo, così come fare una riforma agraria che non colpisca a morte gli interessi dei proprietari terrieri. Aldisio deve concludere questa missione e lo farà brillantemente perché non solo sgancerà i gruppi della mafia dal separatismo ma viene ricondotta ad una logica istituzionale in cui però è la politica a dettare le condizioni, non la mafia come avvenne decenni dopo. Quando arriva il camion con Li Causi per fare il comizio i carabinieri di Mussomeli si sono chiusi in caserma e non usciranno per tutto il tempo. La mafia sparà, colpisce questo esponente. E' la prima volta che accade un fatto di sangue del genere alla luce del sole. E quando la mafia spara così vuol dire che non ha altra scelta e non è più scontato che possa controllare la società. La mafia spara perché ha capito che ormai lo scontro è aperto. Don Calò Vizzini morirà nel 1954 senza mai essere detenuto per i crimini commessi”. A prendere la parola poi è stato il professore Filippo Falcone, autore di saggi e articoli che ha scritto un articolo sulle lotte contadine nelle campagne nissene. “Il mio contributo – dice il professore Falcone – a questo numero speciale della nostra rivista verte sulla presenza contadina nelle campagne nissene nel periodo tra il 1943 e il 1947. In questo quadro la città di Caltanissetta gioca un ruolo primario perché è qui che si riorganizza l'attività sindacale con il primo congresso per la riforma agraria. Da un lato ci sono i contadini sfruttati da mattina a sera nei feudi per avere un po' di grano a sera e dall'altro gli zolfatari che vivono la fame e soggetti costantemente ai pericoli della miniera. Quello della terra in Sicilia è un problema veramente sentito anche per ciò che riguarda la giusta ripartizione dei prodotti della terra. A Caltanissetta l'avvio delle lotte contadine ha una data precisa: il 2 maggio del 1945. Gli agrari si muovono su due direttrici: la prima è quella aggressiva, si spara sui contadini che rivendicano i loro diritti; la seconda è quella della carta bollata, si affidano cioè a degli avvocati. I contadini non hanno nemici solo tra i proprietari terrieri, ma anche nello Stato, nelle prefetture che considerano le loro rivendicazioni esagerate. Tra il '45 e il '47 non c'è angolo della Sicilia che non sia interessato da lotte per le rivendicazioni delle terre con l'adesione da parte degli zolfatari. A Delia i gabelloti sparano sui contadini. Nel mio saggio affronto non solo le lotte contadine ma anche le aspettative degli stessi contadini. Ai contadini andarono le terre peggiori e completamente prive di infrastrutture e servizi. Se è vero che la sinistra guidò quelle lotte ad un certo punto si sfilacciò lasciando a sé stessi questi contadini. I 2/3 dei lavoratori abbandonò le campagne”. La professoressa Sonia Zaccaria si è occupata, come sottolineato da Sergio Iacona, si è occupata da un fatto inquietante: il gravissimo incidente ferroviario che ha causato il 21 marzo del 1943 e di cui non vi è memoria perché tutto è stato insabbiato e oggi è difficile ricostruire quanto avvenne. “Avevo davvero pochissimi elementi – ha detto la professoressa Zaccaria – ma non poteva non essere approfondito un episodio così rilevante della nostra storia. Ho intitolato il mio saggio ‘una strage occultata'. Una strage avvenuta alla stazione di Xirbi. Gli alleati arriveranno il 9 luglio del 1943. A Casablanca si era riunito il gotha degli alleati che aveva deciso di bombardare e successivamente sbarcare in Sicilia per dare il colpo finale a Mussolini e al fascismo. Da un lato c'erano gli alleati, che avevano deciso di arrivare, dall'altro il fascimo, che tentava di gallegiare, e nel mezzo c'era un treno di soldati che proveniva dalla stazione di Caltanissetta. Stava per uscire dalla galleria che porta a Xirbi quando si schianta con un altro treno che stazionava a Xirbi. In questo schianto tra questi due convogli ci fu un esplosione impressionante. I numeri della sciagura sono contrastanti. Da un lato Letizia Colajanni parla di 126 morti dall'altro il capostazione ne ricorda 137. Sicuramente sono stati più di 100 i soldati morti e più di 300 i soldati feriti. Su quel treno oltre alla presenza dei militari vi era una certa quantita di esplosivi che all'interno della galleria provoca la morte di tantissime persone. Io ho cercato nei quotidiani del periodo ma nessuno fa cenno a un evento che fu terribile. L'unica fonte prestigiosa che sono riuscita a reperire è stata quella di Letizia Colajanni che prestava servizio come crocerossina a Caltanissetta. I militari facevano parte della divisione Aqui, che arrivava dal Nord Italia e richiamati alle Armi dal settembre 1942, prima in Alto Adige e poi inviati in Sicilia con destinazione Racalmuto. Erano destinati a rafforzare la difesa costiera della Sicilia. Si è detto di questo disastro che era stato un sabotaggio della corrente anarchica. Ma la verità è che nessuno avvierà un'indagine e ancora oggi non si sa perché questo sia avvenuto. La dinamica e l'entità di questa strage non sono ancora note. Concludo con una domanda: perché di questo disastro non furono scritte notizie giornalistiche?Perché è stato tutto insabbiato? Forse perché, ma si tratta di un'ipotesi, la perdita così importante di militari avrebbe potuto lanciare un'ombra sul generale Roatta. Oggi a Xirbi si trova una targa soltanto con il numero del treno e una data. Come se questi ragazzi, così giovani, fossero stati un numero. E invece erano delle vite umane, che sono state dimenticate e occultate”. A concludere i lavori, il professore Saija, direttore scientifico della rivista, storico e accademico. Il suo saggio, come sottolineato dall'avvocato Iacona, è su “la guerra di liberazione dei siciliani liberati”. Il professore evidenzia gli evidenti limiti delle pulsioni separatiste. “Caltanissetta – ha detto il professore Saija – è stata il paradigma. Abbiamo interpretato tutta la crisi del secondo dopo guerra proprio partendo da questa città. Mettere al centro il ruolo del partito comunista alla guida delle lotte agrarie non è esattamente corretto. Aldisio fu il regista di questo grande equivoco che fu l'autonomia. I separatisti erano il braccio armato dei latifondisti fino a quando pensano che, in fondo, l'America potrebbe essere interessata a staccare la Sicilia dall'Italia evitando che venga data esecuzione al decreto di Mussolini. I separatisti salgono sul carro dell'autonomia cioè quel modo di pensare della Sicilia che aveva radici antiche. Si arriva alla redazione dello Statuto siciliano con la connivenza di Li Causi. L'autonomia è un grande equivoco. Non è mai stato fatto un processo su questo equivoco dell'autonomia e che qualcuno la intende come privilegio e non come realizzazione dei diritti delle persone. La riforma agraria, infatti, non stata fatta dalla Regione Siciliana, che aveva massima autonomia in questo campo, ma dal Governo nazionale. Se noi dobbiamo dire qual è stato il risultato e l'apporto che la Sicilia ha dato alla creazione dello stato unitario e della costituzione non possiamo ascrivere l'autonomismo e il separatismo. Ma possiamo guardare alle lotte contadine che sono state il fatto più eclatante ed importante e che sono nate in maniera spontanea”. Gran parte delle vittime del movimento contadino sono sindacalisti. Noi abbiamo dato un apporto alla giustizia sociale e all'equità”.








