Ho trovato davvero eccessivo il livore che ha animato i tanti indignati per l'accoglienza riservata al principe Emanuele Filiberto di Savoia. Non sono monarchico e non ho mai subito il fascino delle teste coronate e delle corti. Ho sempre pensato che l'unica vera nobiltà è quella dell'animo, quando la si possiede, e quella conferita dal lavoro unito alla rettitudine e all'onestà. Sono cresciuto ascoltando Guccini che mi ha insegnato a diffidare delle principesse (“non mi piaccion le gran dame, preferisco le mondane perché ad esser sincere son le sole” cit. L'Antisociale) e a compenetrarmi nello spirito di un povero che, a bordo di una locomotiva e in nome di antichi torti si lancia contro “i velluti e gli ori” di un treno di privilegiati.
Ritengo tuttavia che quando si passa dalle opinioni e preferenze personali a considerazioni di natura istituzionale e storiche occorre prudenza, equilibrio e imparzialità. Trovo eccessive le reazioni per due motivi. Il primo risiede nella natura della visita del principe alla nostra città. Si tratta di un personaggio tutto sommato frivolo ma garbato e rispettoso che viene a presentare un suo libro senza alcuna velleità politica, istituzionale, personale. Un uomo certamente non all'altezza della tragicità dei recenti trascorsi storici della sua famiglia ma del tutto inoffensivo. Tanto odio mi è sembrato rivolto a chi, in ossequio al pensiero progressista, non può portare il peso delle colpe degli avi. Il secondo motivo sta nella grave inconsapevolezza storica mostrata, nel profondo disprezzo delle proprie origini e nel furore autolesionista che anima gran parte degli italiani contemporanei. Scrive Aldo Cazzullo, intellettuale di sinistra, sul Corriere della sera del 6 febbraio 2024: “Piaccia o no, senza i Savoia l'Italia non esisterebbe. Questo non cancella nè gli errori di Vittorio Emanuele III nè la modestia di suo nipote; ma è così. So che molti italiani preferirebbero avere a Milano e a Venezia gli austriaci che impiccavano i patrioti, a Roma il Papa Re con i ghetti, le forche e il tribunale ecclesiastico, al Sud Franceschiello o magari direttamente fra Diavolo e Ninco Nanco. Però la storia è andata diversamente. Ultimo dettaglio. Il 2 giugno 1946 quasi undici milioni di elettori, pari al 45,7 %, votarono per la monarchia. Non per un istituto astratto; per i Savoia. Erano tutti conservatori e reazionari? Ma no, votarono monarchia Benedetto Croce, il più importante intellettuale italiano, e Luigi Einaudi, futuro presidente della Repubblica. A Roma e al Sud i Savoia stravinsero. Diciamo che i nostri nonni avevano della storia italiana un'idea diversa della nostra”. Ho attinto al maestro Cazzullo perché non avrei saputo dire meglio le stesse cose. Mi permetto solo di aggiungere che il voto dei fascisti, arrabbiati col Re per l'arresto del 25 luglio, fu decisivo per consegnare la vittoria alla Repubblica. E credo fermamente che quella fu la scelta giusta e migliore per il Paese. Ma perchè tanto disprezzo per la nostra storia? Perché tanto odio per un innocuo pilota di rally, frequentatore di trasmissioni televisive frivole, presidente di una squadra di calcio dilettantistica del Sud, privo di ogni ulteriore ambizione? Sorprende che alcuni eruditi si siano mobilitati per vomitare il loro odio nei confronti di un visitatore gentile. Forse farebbero meglio a mobilitarsi per stigmatizzare alcune assenze invece di sporadiche e garbate presenze. Questa è la città che ha eletto gli onorevoli Craxi e Brambilla che, neanche in occasione della drammatica crisi idrica dello scorso anno, si sono degnati di una visita che lenisse il senso di profonda solitudine del popolo nisseno. Chissà, forse il Re sarebbe venuto o avrebbe mandato qualcuno. Parola di convinto repubblicano anarco-conservatore.
Sergio Iacona
Sergio Iacona sulla visita del principe Emanuele Filiberto a Caltanissetta: “Odio incomprensibile nei confronti di un personaggio garbato e rispettoso”

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