«Prima di tutto, fatemi esprimere la mia vicinanza alla famiglia di Paolo Taormina in questo momento terribile. L’esperienza atroce di vedere un figlio strappato dal mondo con la violenza è qualcosa che non si può descrivere». A meno che chi parla non ha vissuto lo stesso dolore, lo strazio di perdere la persona più amata mentre ha ancora tutta la vita davanti a sé, come accaduto dieci fa ad Anna Maria Ferrara, la mamma di Aldo Naro, il giovane medico ucciso al culmine di una rissa nella notte tra il 13 e il 14 febbraio del 2015, all’interno della discoteca Goa dello Zen: «Un dolore inimmaginabile, con il quale convivere ogni giorno, amplificato dalla crudeltà che hanno dovuto subire i nostri figli, senza un motivo». La speranza, continua Anna Maria, «è che ai genitori di Paolo non finisca come noi, che all’incolmabile mancanza del loro ragazzo non si unisca la mancanza di chiarezza e di giustizia su quanto accaduto».
«Finora la giustizia ci è stata negata, così come la pena certa per chi ha commesso i reati. Ne abbiamo viste di tutti i colori, spendendo centinaia di migliaia di euro per sostenere i processi, quello per rissa aggravata e favoreggiamento, finito con la prescrizione dopo la sentenza di primo grado, e quello sull’omicidio, concluso con l’arresto di un minorenne reo confesso, che si è addossato la colpa per tutti ed è tornato in libertà dopo cinque anni, mentre coloro che hanno partecipato all’uccisione di mio figlio sono ancora in giro. Perché è impossibile che Aldo sia stato ammazzato con un calcio soltanto e da una sola persona».








