Colpevoli, ora come allora, e inchiodati all'ergastolo. In ghiaccio anche una terza condanna a carico di chi avrebbe procurato il fucile poi imbracciato dai killer. Così la Cassazione ha posto la pietra tombale a tre condanne per il delitto del trentottenne riesino Salvatore Fiandaca, ucciso a colpi d'arma da fuoco il 13 febbraio 2018. «Fine pena mai» per il ventiquattrenne Giuseppe Antonio Santino e il trentacinquenne Pino Bartoli (assistiti dagli avvocati Giovanni Maggio e Michele Ambra) ritenuti responsabili di omicidio aggravato e porto di armi. Rimane ferma la pena a 5 anni per il trentatreenne Loris Cristian Leonardi (assistito dagli avvocati Carmelo Terranova e Giada Faraci) accusato di avere fornito ai sicari un fucile calibro 12. Questo il verdetto emesso dalla prima sezione penale della Suprema Corte a cui s'erano appellati i tre imputati. Resta fermo, così come già stabilito nei primi due gradi del giudizio, il diritto a un risarcimento dei danni in favore dei familiari della vittima, moglie, figli e genitori (assistiti dagli avvocati Giovanni Pace e Walter Tesauro), costituiti parti civili. L'entità dell'indennizzo sarà poi quantificata in un processo civile. Nel precedente grado del giudizio, in appello, era già arrivato il colpo di spugna a due ergastoli per altrettanti imputati. Così come chiesto dalla stessa procura generale nissena, rappresentata dai sostituti pg Antonino Patti e Gaetano Bono, ponendo poi l'accento su non pochi coni d'ombra che sarebbero emersi in relazione alle indagini che erano state alla base delle condanne in primo grado Quanto al possibile movente della missione di morte, durante il procedimento ne sarebbe emerso più di uno. Il primo, quello ipotizzato nell'immediato, legato a presunti contrasti nel mondo della droga, per una ipotetica partita non pagata, che avrebbero fatto scattare l'imboscata. Dal racconto , invece, di un collaborante, compagno di cella di un indagato poi assolto, le motivazioni sarebbero state passionali. Ma è saltata fuori pure una terza, possibile, ipotesi secondo cui che il vero obiettivo del delitto non sarebbe stato Fiandaca, ma Pino Bartoli, perché fratello di Calogero Bartoli, già condannato per il delitto di Franco Tabbì ucciso il 10 dicembre 2016.








