Dall'Archivio di Stato alla Miniera: la memoria di Gessolungo riscoperta dagli Studenti della Terza C del Liceo Scientifico “A. Volta”. Si è conclusa con successo per gli studenti della Classe 3^ del Liceo Scientifico “A. Volta”, diretto dal Dirigente Scolastico Vito Parisi, una significativa esperienza didattica che unisce la ricerca storica all'impegno civico e alla sostenibilità. L'iniziativa, promossa dai Docenti del Consiglio di Classe nell'ambito di un progetto di Educazione Civica e Orientamento sullo sviluppo sostenibile in collaborazione con l’Università Roma Tre, mira alla valorizzazione del sito minerario di Gessolungo. La giornata ha avuto inizio presso l’Archivio di Stato di Caltanissetta, dove la classe, accompagnata dalla Prof.ssa Assunta Gallo Afflitto, è stata accolta dal Direttore, Dott. Alessandro Molteni, e dalla Dott.ssa Marisa Falzone.
Il Dott. Molteni ha introdotto il ruolo cruciale dell'Archivista e la funzione dell'Archivio di Stato come custode della memoria istituzionale e sociale. Ha spiegato che l'Archivio è anche il luogo in cui vengono depositati i documenti delle amministrazioni statali (come Prefettura e Questura) una volta compiuti i quaranta anni dalla loro creazione. I ragazzi hanno compreso come le antiche carte siano fonti primarie essenziali per ricostruire la storia economica e i diritti del lavoro nel comprensorio solfifero nisseno. Il Direttore Molteni si è in particolare soffermato sul percorso di studi necessario per intraprendere la professione di archivista. Ha sottolineato come la valorizzazione di un sito dismesso come Gessolungo richieda l’intervento di diverse figure professionali: archivisti, storici, esperti di restauro del documento. Gli studenti hanno così potuto intravedere concreti sbocchi di studio legati alla tutela e alla promozione del proprio patrimonio locale.
Il momento più toccante della mattinata è stato l'approfondimento sulla Miniera di Zolfo di Gessolungo, luogo tristemente noto per la tragedia del 1881 e per la piaga del lavoro minorile, i cosiddetti “carusi”. La Dott.ssa Falzone ha saputo dare voce ai documenti d'archivio, trasformando la storia in una lezione di profonda umanità e civiltà. In particolare, è stato esaminato il libretto di lavoro di un caruso di tredici anni. Il documento lo dichiarava “affetto da deficienza psichica” e dunque esonerato dall’obbligo scolastico. Questa diagnosi, come hanno ricostruito i documenti, celava la cruda realtà: il ragazzo lavorava in miniera. In un altro documento, il verbale di infortunio e morte, gli studenti hanno potuto leggere il tragico epilogo: “i compagni lo trovarono a terra con la mano rattrappita”, attestando il decesso causato da una scossa elettrica.
La Dott.ssa Falzone ha inoltre rivelato un aspetto cruciale: per aggirare le poche leggi vigenti, i ragazzi di età inferiore venivano spesso denunciati come tredicenni, poiché sotto tale età il lavoro era formalmente vietato. Il contrasto tra l’inabilità dichiarata dalla scuola e l'uso del suo corpo nel pericoloso lavoro minerario ha reso evidente la drammatica condizione di una società che non proteggeva i propri minori.
Attraverso altri documenti d'archivio, la Dott.ssa Falzone ha svelato l'effettivo sfruttamento economico riservato ai carusi: pur svolgendo le stesse ore di lavoro degli adulti, i carusi ricevevano una paga minore. I ragazzi ancora più piccoli venivano retribuiti in modo ancora più esiguo, evidenziando una palese sperequazione salariale.
È stato inoltre presentato un documento che testimoniava la presenza di fanciulle al lavoro in miniera, sfatando il pregiudizio che le donne e le bambine fossero assenti da questi luoghi di fatica e sfruttamento nel Nisseno.
Il contatto diretto con queste storie, ricavate da atti e registri, ha trasformato la storia astratta in una lezione tangibile sulla Legalità e sulla violazione dei diritti del lavoro, temi centrali dei Principi Fondamentali della Costituzione. Sotto la guida dei due esperti, l'analisi del sito si è concentrata sul futuro. Gli studenti hanno riflettuto e presentato il loro progetto che mira a convertire il luogo, chiuso dal 1986, da archeologia industriale a risorsa. Questo si allinea all'Obiettivo 8 dell'Agenda 2030 (Lavoro dignitoso e crescita economica), trasformando un luogo di memoria e sacrificio in un motore di sviluppo locale sostenibile.
La Prof.ssa Gallo Afflitto ha concluso l'esperienza evidenziando il successo dell’iniziativa: “L’obiettivo è stato pienamente raggiunto: dimostrare che la storia non è polvere, ma è il fondamento della nostra identità civica e un motore potenziale per il nostro futuro economico e sostenibile. Vedere i ragazzi interrogare le fonti e poi osservare sul campo il sito di cui avevano letto, crea una connessione indissolubile tra passato, presente e prospettiva.”








