“Sono arrivato in Messico per la prima volta in vacanza dodici anni fa e, dopo tre anni di avanti e indietro, ho deciso di trasferirmi. È stato amore a prima vista.” A parlare è Michele, 33 anni, originario della provincia di Brescia, che dal 2017 vive a Playa del Carmen. A Fanpage.it ha raccontato il suo percorso, dalle prime esperienze fino alla nuova vita costruita sulla Riviera Maya. “In Italia lavoravo come dipendente in un supermercato e facevo il dj da dieci anni. Sono approdato qui con un visto di lavoro e ho cominciato in diversi ristoranti e hotel. Il primo anno è stato complicato, tra burocrazia e lingua, ma cinque anni fa sono riuscito ad aprire la mia agenzia di viaggi.” La scelta di partire, spiega, è maturata nel tempo: “Ero stufo dell’Italia, mi sentivo soffocare. Non mi mancava nulla, ma non vedevo un futuro per la mia potenziale famiglia. Sono ambizioso e non mi sentivo realizzato. Mi sono detto: ‘Ci provo, male che vada torno indietro’.” Il Messico, racconta, gli ha restituito prospettive e valori: “Qui vedo un avvenire per me e la mia famiglia, ho ritrovato principi che in Italia non percepivo più. Ho visitato tanti luoghi, alcuni mi sono piaciuti molto, ma non avevo mai pensato di trasferirmi qui: è stato un colpo di fulmine.” Cosa lo ha conquistato? “Innanzitutto il clima: in questa parte dei Caraibi fa caldo tutto l’anno. Il mare è spettacolare, la gente è solare e calorosa, c’è sempre aria di festa. Anche la cucina e la cultura contano, ma mi sono innamorato soprattutto del tempo e delle persone.” Dei messicani sottolinea la generosità: “Sono sempre pronti ad aiutarti, si fanno in quattro per qualsiasi cosa. Anche se hanno poco, ti danno tutto, anche se non sei un loro amico. Questo Paese è diverso da come spesso lo si immagina.” La lingua non è stata un ostacolo insormontabile, pur partendo da zero: “È stata la mia prima esperienza all’estero, non conoscevo né l’inglese né lo spagnolo. Mi sono trasferito in un ostello e, frequentando tante persone, ho imparato in fretta lo spagnolo. Non bene come oggi, certo, ma non ho avuto grandi problemi.” Tra le cose che ama meno cita, con ironia, la puntualità: “Non sono famosi per questo” (ride). “Nella mia zona si vive in modo molto rilassato, è una località di mare; nelle grandi città è diverso, più simile all’Italia. Sono lavoratori instancabili ma, appena finita la giornata, sanno staccare: da noi spesso non accade.” Sul trasferimento è chiaro: “Serve un visto lavorativo con uno sponsor. Mio fratello è arrivato un anno fa e sono stato io a sponsorizzarlo. Ora ha cambiato lavoro, ma si parte così.” E aggiunge: “Il Paese sta attraversando una fase storica complessa: molti vengono in vacanza con l’idea di restare e sono state introdotte regole più stringenti, simili a quelle degli Stati Uniti.” Negli ultimi anni, sottolinea, il contesto è cambiato molto: “Il Messico è cresciuto tantissimo. Un tempo era molto più economico; oggi il costo della vita è salito parecchio, ma anche la qualità della vita è migliorata. Qui c’è una forte comunità italiana.” Quanto alla sicurezza, prova a smontare alcuni cliché: “Molti pensano che sia un Paese pericoloso. Con il mio lavoro cerco di far cambiare idea e far conoscere il vero Messico. Non è il luogo più sicuro al mondo, ma non esistono città interamente pericolose. Ci sono zone da evitare, dove non andiamo nemmeno noi, ma altrimenti non succede nulla. Nelle metropoli è diverso, però non mi sono mai sentito particolarmente a rischio.” La cultura lo ha conquistato gradualmente: “Ci sono voluti un paio d’anni per entrare nella mentalità. Hanno tradizioni che in Italia non si conoscono. Sono molto legati al loro Paese, ci mettono il cuore. Il 15 settembre, per esempio, si celebra il Giorno dell’Indipendenza (‘Grito de Dolores’): si riuniscono in piazza, fuochi d’artificio, una festa bellissima. Sono davvero patriottici, una cosa che in Italia non ho mai visto: non conosco una tradizione che unisca così tanto gli italiani.” E ricorda l’estensione del territorio: “È un Paese enorme, con culture e perfino caratteristiche fisiche che cambiano da una zona all’altra. Ci sono tre fusi orari. Per lavoro lo percorro in lungo e in largo.” Con la gastronomia è stato amore immediato: “Non è tutto piccante, come si dice. Niente sapori strani, è una cucina molto varia. Come in Italia, ogni area ha piatti distinti.” Tra i suoi preferiti: “La quesabirria, una tortilla chiusa, ripiena di manzo cotto nel suo sugo, dal gusto intenso. Ma forse al primo posto metto la cochinita pibil, maiale cotto in un forno sotterraneo avvolto in foglie di banano: un piatto tipico della tradizione maya.” In Italia torna una volta l’anno per due-tre settimane: “Solo per vedere parenti e amici, non perché mi manchi l’Italia. Quando rientro, spesso viaggio anche in altri Paesi europei.” Perché non sente nostalgia? “Mi mancano gli affetti, ma qui vivo molto bene. Mare, montagne, grandi città: non mi manca nulla. Penso che, per storia e natura, l’Italia sia tra i Paesi migliori al mondo. Ma mentalità e politica, quando ero lì, non mi facevano sentire rappresentato. Sono italiano e me ne vanto, però è altrove che sono riuscito davvero a realizzarmi e a costruire un futuro.”
Molla tutto, va in Messico e trova la felicità: “Qui ho tutto, in Italia no”

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