In un momento storico in cui i cittadini chiedono a gran voce risposte concrete su sicurezza, salute e istruzione, fa riflettere la disparità con cui le amministrazioni locali allocano tempo e risorse. Il dibattito su questo squilibrio si fa più acceso quando si osserva la palese predilezione della politica verso il mondo del calcio.
È innegabile: il calcio, sport popolare per eccellenza, esercita un richiamo fortissimo, unisce generazioni e mobilita masse. Ma è altrettanto innegabile che l’attenzione riservata a questo ambito finisca per oscurare e talvolta soffocare altre realtà, altre passioni, altre comunità educative e sportive che con dignità e determinazione contribuiscono alla crescita sociale e culturale del nostro territorio.
Si ha spesso l'impressione che chi amministra la cosa pubblica scelga la via più facile: investire dove il consenso è garantito. Ma governare non è un esercizio di popolarità, è un atto di responsabilità. E questa responsabilità impone uno sguardo equo, capace di vedere anche chi non ha cori da stadio alle spalle, ma vive con impegno, silenziosamente, la propria vocazione educativa e sportiva.
Non occorre inventiva, basta guardarsi intorno. Ogni giorno, per le vie della città, decine di cittadini praticano sport. É chiaro che la domanda di spazi, sostegno e riconoscimento va ben oltre il perimetro calcistico.
Caltanissetta è una città viva, con un tessuto sportivo silenzioso ma attivo, che merita di essere valorizzato. È pronta per entrare a pieno titolo nei circuiti sportivi importanti, capaci di attrarre utenti, appassionati e famiglie da ogni parte della regione e oltre. Le potenzialità ci sono, ma serve una politica che le riconosca e le metta a sistema.
Non si vuole demonizzare il calcio, SIA CHIARO. Il suo impatto sociale è noto, e proprio per questo è necessario ricordare che da esso sono nati anche strumenti di contenimento come il DASPO, creati per arginare degenerazioni comportamentali che nulla hanno a che vedere con lo sport. È la prova che la centralità del calcio porta con sé onori e oneri, e non può diventare il pretesto per marginalizzare altre forme di aggregazione.
Esistono in ogni città associazioni sportive minori, spesso dimenticate dalle istituzioni, che operano senza bilanci milionari, senza vantaggi fiscali, eppure con un valore educativo inestimabile. Sono queste le vere palestre di cittadinanza: spazi dove si costruisce il rispetto delle regole, la cooperazione, la dedizione. Dove si cresce.
La politica ha il dovere di sostenere queste realtà, non solo come atto di giustizia sociale ma come investimento nel futuro. Occorre una visione ampia e inclusiva, capace di considerare lo sport in tutte le sue forme come leva di coesione, prevenzione e benessere.
Speriamo allora che le scelte della politica locale non restino confinate al solo perimetro di un campo da calcio, ma si aprano a una progettualità coraggiosa, che ascolti tutte le voci. Anche quelle che non fanno rumore.
Marco Fasciana