Processo per l’amministratrice di una sospetta casa di riposo «lager». Che, in tribunale, sarà chiamata a rispondere, come omesso controllo, di maltrattamenti, abbandono di persone, sequestro di persona ed esercizio abusivo di pratiche sanitarie.
Queste le contestazioni da cui dovrà difendersi la sessantaquattrenne Venera Alaimo (assistita dagli avvocati Antonio Impellizzeri, Umberto Ilardo) alla guida della società «Salve di Falzone Gabriele & C. sas» a cui fa capo la casa di riposo «Santa Chiara», finita nella bufera nel dicembre dello scorso anno con un blitz dei carabinieri che ha fatto scattare nove arresti – di cui sei in carcere e tre ai domiciliari – e il sequestro dell’immobile affidato a un amministratore giudiziario.
Nei suoi confronti hanno chiesto di costituirsi parti civili eredi di ex ospiti di quella stessa struttura poi deceduti (assistiti dagli avvocati Giuseppe Dacquì, Ramona Dacquì e Italo Attardo). Proprio una delle parti costituite, ex cuoca della stessa casa di riposo, ha fatto scattare l’inchiesta. Perché in quella struttura, a quel tempo, v’era ospitato anche il padre ma si sarebbe accorta che gli sarebbero stati somministrati farmaci in maniera anomala.. Tant’è che qualche giorno dopo ha deciso di portarlo via da quel centro per anziani e ha presentato querela.
Le successive indagini avrebbero rivelato che gli anziani sarebbero stati lasciati in abbandono, in condizioni igienico-sanitarie più che precarie e, magari, pure bloccati sul letto perché non si muovessero.
Venera Alaimo era stata tra i sei finiti in carcere ma poi, nell’aprile scorso, il tribunale del riesame ne ha disposto la scarcerazione sull’onda del pronunciamento della Cassazione che, un mese prima, accogliendo l’istanza della difesa, ha annullato con rinvio l’ordinanza emessa dallo stesso «Riesame» nel primo passaggio.