La fibromialgia è una sindrome dolorosa cronica caratterizzata da dolore diffuso e profondo, rigidità muscolare, affaticamento, disturbi del sonno e difficoltà cognitive, spesso descritta come “nebbia cerebrale”.
Dal punto di vista psicologico, la fibromialgia non è una malattia “psicologica” nel senso che il dolore sia immaginario, ma è strettamente correlata a fattori psicologici ed emotivi che ne influenzano l'insorgenza, il mantenimento e l'esperienza soggettiva del dolore. Il concetto chiave per comprendere la fibromialgia è l'interazione tra mente e corpo (psicosomatica).
La mia esperienza clinica dimostra che il cervello delle persone con fibromialgia elabora gli stimoli dolorosi in modo diverso. Non si tratta di un danno fisico ai tessuti (seppur potrebbe iniziare da questo) ma da una disregolazione del sistema nervoso centrale (in particolare, la modulazione del dolore). Questo fenomeno rende il sistema nervoso ipersensibile, percependo come dolorosi anche stimoli che non lo sono.
Da un punto di vista psicologico, questo dolore possiamo vederlo come l'espressione di un disagio profondo che il corpo manifesta quando non trova altre vie per essere elaborato. Non è una scelta consapevole, ma una risposta involontaria del corpo ad uno stato di stress cronico, traumi psicologici passati o un'incapacità di gestire emozioni intense come rabbia, tristezza o ansia. A tal proposito, alcuni pazienti, riferiscono che il dolore si attenua o non viene percepito se i loro pensieri sono leggeri o sono occupati da questioni importanti o impegnative. Provo semplicemente a spiegare perché inizia l'ipersensibilizzazione del dolore.
Le persone che soffrono di fibromialgia, sono soggetti che hanno vissuto per troppo tempo situazioni di resistenza fisica e/o emotiva, sottoponendo il sistema nervoso a una tensione prolungata, il quale rimane in uno stato di “allarme” costante e contribuisce alla sensibilizzazione al dolore.
Infatti, molto spesso chi soffre di fibromialgia ha difficoltà a riconoscere ed esprimere le proprie emozioni. Le emozioni represse o non elaborate possono manifestarsi a livello fisico, portando il corpo a “parlare” attraverso il dolore.
Vivere costantemente con il dolore, con i fastidi, con l' attenzione sul corpo, induce frequentemente il soggetto a dover sperimentare alcuni disturbi psicologici come depressione, ansia. Attenzione, specifico che questi disturbi, oltre ad essere una conseguenza potrebbero addirittura essere la causa del dolore. La depressione, ad esempio, può abbassare la soglia del dolore, mentre l'ansia alimenta la tensione muscolare, creando un circolo vizioso.
Una volta che il dolore si manifesta, diversi meccanismi psicologici contribuiscono a mantenerlo: la paura del dolore porta le persone a evitare attività fisiche e sociali. Paradossalmente questo porta a un progressivo decondizionamento fisico, che peggiora il dolore e l'affaticamento, e all'isolamento sociale, che alimenta la depressione. Pensieri come “Questo dolore non andrà mai via” o “Non riuscirò mai più a fare nulla” aumentano il livello di stress e di conseguenza la percezione del dolore. L'attenzione si concentra solo sul dolore, ignorando gli altri segnali del corpo.
Questo stato di ipervigilanza sensoriale rende il dolore il protagonista assoluto della vita della persona, rendendolo ancora più difficile da gestire. L'intervento psicologico al trattamento della fibromialgia non mira a “guarire” il dolore come se fosse un'invenzione, ma a gestire e ridurre la sua intensità e il suo impatto sulla vita.
Maria Giusi Cannio, psicologa e psicoterapeuta








